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27 aprile 2013

L'ultima cena, con gli Amici di Comunione e Liberazione

Comunione e Liberazione, un adepto a caso.
Innanzitutto ci tengo a precisare che sarò politicamente scorretta e non è assolutamente vero che non ho nulla contro Comunione e Liberazione, io ho un'enciclopedia di cose contro Comunione e Liberazione, prima delle quali il fatto che pochi anni fa hanno cercato di ammettermi nel loro club, tutto quanto a mia insaputa. E le palle mi sono girate parecchio, perché all'insaputa di Scajola gli regalano una casa, all'insaputa mia mi ritrovo invischiata nella mia setta preferita, la Massoneria degli sfigati.
Ma procediamo con ordine.
A diciannove anni ero un filo più cretina e molto più bella di adesso: credo che le cose andassero di pari passo, e forse è per questo che è successo ciò che è successo, forse Dio ha voluto punirmi per la mia superbia e la mia ingenuità, e gliene sono grata perché ho imparato la lezione.
Era l'inizio di settembre di qualche anno fa, l'inchiostro si stava asciugando del mio diploma e io cazzeggiavo da sola davanti alla Statale, fumavo sigarette e mi mettevo in pose plastiche nella speranza che qualche universitario di bell'aspetto e dal portafogli gonfio mi portasse a cena sui Navigli - insomma stavo lì nella mia mise da signorinella (non che girassi nuda, ma a 19 anni esibivo con maggiore entusiasmo la mia femminilità di quanto non faccia ora) e fantasticavo sul futuro scintillante che mi attendeva alla facoltà di Lettere Moderne.
In quel momento sono stata avvicinata da due ragazzi: avevano un volantino in mano ed erano molto brutti. Più che altro erano molto scialbi: con questi pantaloni color besciamella, la camicia a maniche corte, la fronte lievemente sudata e i lineamenti male assortiti, uno dei due avrebbe dovuto perdere qualche chilo, l'altro avrebbe dovuto mangiare un panino con la mortadella a colazione per i prossimi dieci anni. Però dai, io ero e sono una cazzara ipersocievole di buoni sentimenti, e quando questi due si sono proposti di darmi qualche consiglio sulle scelte accademiche e la vita universitaria ho accettato di buon cuore, ho pensato che lo facessero sia perché ero una bella ragazza sia perché magari all'università le persone imparano a fare cose buone per gli altri in cambio di niente.
Certo, non credevo saremmo diventati amiconi, ma ho comunque accettato di conoscere il resto della banda che presidiava un gazebo lì vicino. Era tutto molto bizzarro, perché mi sono subito accorta che erano tutti uguali: le ragazze mediamente molto carine e molto insipide, capelli lunghi, gioielli poco appariscenti, abiti castigati. Gli uomini tutti orrendi: un tripudio di brufoli, panze, calvizie incipienti, baffetti da terza media, ascelle sudate e scarpe e camicie che mettevano a disagio per la loro indescrivibile tristezza. 

Ma sì, pensai, questi sono quelli che al liceo invece che passare l'intervallo a fumare e fare casino organizzavano il concerto di Natale, magari un po' sfigati ma certamente non cattivi, e sopratutto disinteressati, quasi ammirevoli. Come no Vanna, al solito ci hai proprio preso!

Ad ogni modo io e gli sfigatini diventiamo subito amici, amicissimi, al punto che prima che il pomeriggio si interrompa accetto un invito a cena in una pizzeria dalle parti del Duomo, "Una cosa organizzata per le matricole", ed eccomi un paio di giorni dopo a rassicurare mio padre sul fatto che qualcuno di loro mi avrebbe portata a casa evitandomi quindi il treno, e mi sarebbe stato utile per capirci qualcosa di più su tutte le questioni burocratiche che non sarei riuscita ad affrontare da sola.

Arrivata al maledetto ristorante ricordo di aver pensato "Non ci staremo mai", perché vi sto parlando di almeno almeno almeno ottanta persone - ottanta persone tutte perfettamente simili a quelle già incontrate, io ero l'unica, per dire, che avesse il primo bottone della camicia slacciato. Entriamo nel ristorante, pizzeria o quel che era e subito ci servono pizza e, noto, niente alcolici, nemmeno una birra. Comunque, complice la Fanta, finalmente la serata si anima e si inizia a fare conversazione: fingo di non aver sentito parlare di aborto, religione e nozze omosessuali in una maniera che non mi piace affatto, fingo di non sentirmi tremendamente a disagio, fingo persino di divertirmi e di voler partecipare la prossima volta, ma comunque per ora niente di grave. Niente di grave finché non finiamo di mangiare, perché è a quel punto che inizia l'incubo.

Uno dei due ragazzi che avevo conosciuto (quello che mi aveva invitata, lui e la sua sicumera) a cena finita si mette con gli altri a spostare i tavoli, tira fuori da non so dove un paio di spartiti e forse persino una chitarra (la mia memoria inizia a vacillare) e in men che non si dica, mentre io smanio per poter uscire a fumare una sigaretta e levarmi di dosso l'odore di gente sudata e malvestita, ecco che tutti cominciano a cantare. Il repertorio è notevole: si passa da Daghel'avanti un passo delizia del mio cuor a Romagna mia in un battibaleno, qualcuno azzarda anche un Pane del cielo e i più coraggiosi intonano addirittura La vie en rose. Oltretutto erano perfettamente organizzati: le ragazze da una parte, gli uomini da un'altra, e sapevano tutti i testi a memoria e anche quando attaccare, io li guardavo attonita cercando di non vomitarmi addosso e cercando, sopratutto, di non ammazzare a mani nude tutti quelli che arrivavano da me e con occhi invasati, gravidi d'entusiasmo, mi invitavano ad unirmi al coro. A quel punto mi sono ripresa dalla paralisi e con una scusa sono uscita all'aperto per fumare una sigaretta, e lì ho incontrato due persone: il titolare del ristorante che era pallido di vergogna e un ragazzo che sembrava quasi normale. Mi faccio prestare una accendino, mi siedo insieme a loro e riprendendoci dallo shock arriviamo alla conclusione che le ottanta persone che dentro stanno facendo tremare le pareti cantando e ballando (male) tutte le canzoni più imbarazzanti dell'ultimo secolo non sono, purtroppo, Bestie di Satana ma sono tutti di Comunione e Liberazione.

Ricordo di aver passato il resto della serata a fissare il pavimento in stato di shock, nella speranza che finisse il prima possibile, e giunto il momento dei saluti vado a cercare i due amichetti che hanno cercato di introdurmi nel gruppo senza dirmi che tipo di gruppo fosse. Uno dei due si defila con una scusa, ma riesco ad afferrare l'altro per la camicia e chiedergli sibilando se la cena avesse qualcosa a che fare con CL. A quel punto lui sgrana gli occhioni, si guarda intorno come se non conoscesse nessuno, fa un bel respiro e prendendomi le mani nelle mani mi dice: "Vanna, devo essere sincero, io sono di Comunione e Liberazione... Ma gli altri non saprei". Allora, tu mi stai dicendo che queste persone che tu chiami per nome, con cui ti scambi pacche sulle spalle e battute cameratesche, persone che conoscono a memoria testo e coreografia di tutto lo squallido spettacolo a cui ho appena assistito, tu mi stai dicendo che non le conosci e che non lo sai. Non ricordo bene cos'ho fatto in quel momento, probabilmente l'ho semplicemente invitato a non insultare la mia intelligenza e cancellare il mio numero, in tutto questo ho provato a parlare anche con altre persone ma nessuno sembrava disposto ad ammettere che quella fosse una cena di tipo, diciamo, "associativo", così mi sono accoccolata tra le braccia fredde della rassegnazione e sono andata in cerca del tizio che avrebbe dovuto accompagnarmi a casa (sarei tornata volentieri in treno, ma dubito che mio padre avrebbe apprezzato, anche se a conti fatti un viaggio in treno all'una di notte sarebbe stato meno spaventoso).

Sì, perché il tizio che mi diede il passaggio risultò essere il più invasato di tutti: a parte che aveva tanta di quella forfora che arrivata a casa ho dovuto bruciare i miei vestiti, ha cercato di convincermi a partecipare alla loro Amicizia (e nella sua bocca, di notte al buio questa parola metteva i brividi) sostenendo che Dante Alighieri in persona avrebbe apprezzato e che evitando di unirmi al loro club gli avrei procurato un grosso dispiacere - sì, stiamo ancora parlando del defunto Alighieri.
E niente, non so come sono riuscita ad arrivare a casa sana e salva e con l'anima intatta, ma sta di fatto che non dimenticherò mai quest'esperienza che è tutt'ora la più imbarazzante, offensiva e ridicola che io abbia mai vissuto. Quindi, amici cari, se mai vi dovesse capitare di essere avvicinati da gente che risponde alle caratteristiche di cui sopra fatevi furbi e non pensate mai, mai che le persone facciano qualcosa per niente - a maggior ragione se indossano delle brutte camicie.

Post Scriptum: credo inoltre che ogni club avrebbe il dovere di far sapere che è un club. Nel senso, non c'è mica niente di male nel fare gruppo, nell'associarsi per ragioni sociali e politiche, ma è bene che gli altri lo sappiano, altrimenti si rischia di passare per una setta... O addirittura per una mafia, e sappiamo bene che Comunione e Liberazione non è né l'una né l'altra cosa. Lo sappiamo benissimo. 

7 commenti:

  1. Povera Vanna, una terribile esperienza.
    Andrea Soggiu

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    1. Non mi sono ancora ripresa del tutto! Ciao Andre :)

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  2. Non te la prendere, ma 'sta cosa m'ha fatto spisciare.

    "Vanna, devo essere sincero, io sono di Comunione e Liberazione... Ma gli altri non saprei"

    Genio assoluto.

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    1. Vorrei prendermela, eccome se vorrei... Ma mi vedo costretta a darti ragione! Ciao, a presto :)

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  3. Secondo me Dante è ancora li che ride per le stronzate che ti ha detto il forforoso.

    Angio

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  4. Invito tutti gli studenti universitari a non accettare mai di abitare in un loro studentato. Sono associazionisti e ignoranti, spero si estinguano con il progredire della cultura e della lettura dei libri (non quelli di Giussani).
    IGNORANZA e ASSOCIAZIONISMO parola d'ordine, però in un angolo si può notare anche INTOLLERANZA.

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